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La marcia di Angela: quella Bolivia che non si arrende mai

I medici avevano raccomandato ai suoi genitori: “Vi raccomando, niente sport, potrebbe farle male”. All’inizio, Angela Castro Chirnechz, dovette abbozzare: era una bambina quando aveva cominciato le terapie per superare o arginare quella displasia dell’anca, in pratica un assetto anomalo di una parte del corpo fondamentale per camminare. Sono passati degli anni da quel momento, e sulla spiaggia di Pontal, teatro delle gare di marcia a Rio, Angela ha coronato un sogno: marciare alle Olimpiadi. Quel divieto di sport è stato smentito in un modo impensabile. E’ finita 18esima su 74 atlete, battendosi alla grande. La sua storia è diventata il simbolo di chi non molla mai. Non a caso, è stata scelta come portabandiera dei 12 atleti boliviani.

L’inizio era stato faticoso: arrivò penultima nella prima gara a cui l’aveva iscritta il fratello Riccardo. Poi, però, ci prese gusto. Fino a fare le cose sul serio. Il suo allenamento, peraltro, ha qualcosa di molto speciale: dal lago Titicaca ai 4mila metri di La Paz, la capitale, alle sedute a livello del mare, a Santa Cruz. La storia è diventata un simbolo in Sudamerica soprattutto per le ragazze che praticano lo sport. “Le donne sono delle guerriere sportive, e sono quasi sempre più agguerrite degli uomini”.
Angela studia fisioterapia, ma il desiderio di proseguire con gli studi non le ha tolto il desiderio di continuare a marciare. La sua vita tutta di un fiato può essere spiegata anche dalla frase che ha pubblicato di recente sul suo profilo Facebook: “Con la libertà, i libri, dei fiori e la luna, chi non potrebbe essere felice?”. Dimenticavamo la firma: Oscar Wilde.

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